Chapeau!

Ventimila leghe sotto il mare; il viaggio nel profondo blu di Maison Michel

Cappèllo s.m, dal latino cappellus, copricapo maschile e femminile, di varia forma e materiale, usato come “difesa” da vari agenti o come ornamento e segno di particolare distinzione.

Cappello come protezione, cappello come persona, cappello come segreti inviolabili, cappello come tentazione. Cappello come una storia lunga mille anni, fatta di scoperte e di lunghe passeggiate al mare che ci portano ad immergerci nel profondo e intimo mondo di un capo che rappresenta molto più di quanto appare; perché, come diceva un noto editore, ogni cappello ha le sue idee nascoste ed è proprio su queste che il brand Maison Michel è noto per aver attualizzato l’eleganza storica di un accessorio in grado di completare un animo viaggiatore.

Quante volte ci guardiamo allo specchio prima di essere pronte? Consapevoli che andiamo bene così, eppure manca sempre un qualcosa che copra e riveli allo stesso tempo. Coco Chanel d’altra parte sosteneva che non bisognasse mai uscire senza cappello e, in un certo senso, mai frase fu più vera: il mistero è alla base della seduzione velata e sapientemente coperta dall’arte dell’intreccio di fili e pensiero. Maison Michel, marchio storico nato 1936, sotto la direzione artistica della visionaria Priscila Royers, si impegna in una vera riflessione segnata dal pragmatismo che vede il cappello come un qualcosa che va oltre il suo essere accessorio, prendendo come riferimento creativo una storia e l’individuo che vuole esserne protagonista.

Così la viaggiatrice salpa e si immerge nel punto in cui il mare è più profondo, così incomincia la collezione primavera/estate del brand; un viaggio che ci porta nella “Sunken city” dell’antico mito di Atlantide che svela il reale bisogno di ogni essere umano: la credenza di un qualcosa di magico, un’utopia che si dipana fra le pieghe del tempo ma che, inconsciamente, sentiamo sempre presente.

Guidata dalle illustrazioni ispirazionali di Ernst Haeckel e dalle spiegazioni razionali del documentario Les Abysses, la designer fornisce la mappa per un luogo dove sogno e sensatezza del razionale si incontrano fugacemente per tutta la durata di un viaggio lungo tre capitoli.

La partenza verso l’ignoto, su una barca mossa da una leggera brezza calda di inizio estate, vede protagonista una palette di colori acquamarina e celeste come la linea del mare che si scorge all’orizzonte; visiere, berretti, cappelli flosci e cappelli a campana sono rielaborati in tweed leggero e tessuto in nylon idrorepellente decorati da inserti in catena e corde dal sapore salato.

Arrivati nel punto più profondo inizia la seconda parte del viaggio, immersi nell’acqua fasci di luce illuminano il paesaggio che ci circonda, un luogo diverso dalla superficie a cui siamo abituati. Così, allo stesso modo, i cappelli si trasformano: fiori di rafia e grafici ricami adornano berretti in feltro e cappelli a secchiello; ogni particolare è stato creato come grido alla celebrazione della vitalità della flora e della fauna marina, una società parallela e complessa.

Continuiamo sempre più giù, sempre più a fondo dove le acque si fanno più scure, dove le ombre nascondono esseri sconosciuti e misteriosi come quelli dei sogni. Ed è così che cambiamo veste, ci confondiamo tra le creature mutando forma: finta pelle e paillettes sulle note del blu e del viola iridescente ornano il capo che sembra coperto da squame. Cappucci militari, turbanti e veli si presentano, invece, luminosi e trasparenti, quasi evanescenti, come meduse oceaniche.

Come sirene curiose attratte da un canto estraneo, risaliamo in superficie verso il luogo che più ci è famigliare. Maison Michel conclude così il suo viaggio mostrandoci e dimostrandoci come il surrealismo e il futurismo possano essere già a portata di mano, qualche lega sotto i nostri piedi.

Così ci rivestiamo, ci asciughiamo sotto i tiepidi raggi del tramonto. Un abbraccio ci cinge il capo, trionfanti della nostra scoperta; d’altra parte un cappello cos’è se non una corona lucente di un’antica e gentile civiltà.

Camilla Bordoni