L’Autunno-Inverno 2018/19 di Max Tan

Leggerezza, nuove forme volumiche ed il ruolo degli opposti

Minimalismo e monocromatismo: la collezione di Max Tan gioca con razionalità e chiarezza sul confine tra bianco e nero.

Tutti i capi sono interamente ispirati agli dei dell’antico Egitto, mentre i volumi e le forme evocano leggerezza ed un tocco di ribellione.

Sperimentale, fuori dal comune ed androgino, lo stile particolarmente ricercato di Max Tan si è distinto sulla passerella della decima edizione della Singapore Fashion Week – che ha avuto luogo dal 26 al 30 ottobre 2017.

Vestiti tutt’altro che semplici, che, nonostante l’uso monocromatico del colore, hanno riscosso curiosità e successo.

Il giovane stilista si diploma nel 2010 alla Nanyang Academy of Fine Arts di Singapore, un trampolino di lancio che gli ha permesso di confrontarsi con grandi realtà, ricevendo premi e riconoscimenti a livello mondiale.

La sua prima collezione – l’ Autunno-Inverno 2011 – è stata più volte citata da Vogue Paris, mentre alcuni lo definiscono, dati i tagli minimalisti e le silhouette rigorose ma estremamente fluide, l’erede di Rick Owens.

Max ha, infatti, incentrato la propria arte su una profonda indagine intorno all’ibridazione dei propri capi, volta ad infrangere i confini tra mascolinità e femminilità, realizzando quella che è a tutti gli effetti una moda gender fluid.

Oltre a lavorare ad una propria linea di abbigliamento, ricopre, ad oggi, anche il ruolo di insegnante all’interno della stessa scuola che ha contribuito a formarlo professionalmente.

Dentro la collezione

Dettagli non strutturati si aggiungono ad un uso sontuoso e sensuale dei tessuti, che sembrano quasi avvolgere il corpo in una nuova dimensione.

Le forme irregolari ed asimmetriche restituiscono una regolarità studiata, creata con consapevole maestria.

Imponenti stivali, anch’essi monocromatici, conferiscono sostanza alla collezione, e conferiscono agli abiti una spiccata sensualità.

Il confine tra ciò che è giusto e sbagliato, tra ciò che è troppo e ciò che è troppo poco prende vita nell’abito bianco, grazie ai numerosi drappeggi.

La modella è totalmente coinvolta, mentre è l’abito stesso, dotato di un’eclettica leggerezza, a donarle una libertà in cui nascondersi e perdersi.

Salvatore Golotta